Quando Fano stampò il primo libro in lingua araba

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La copertina del libro

Michele Gianni è un uomo di lettere e di teatro, non un fanese di nascita, ma leggendo il suo bel libro dal titolo Il piombo e l’orologio, edito da edizioni Nuove Catarsi, è impossibile non avvertire nell’autore il trasporto particolare di chi sente per un luogo una tenerezza elettiva, di chi è unito alla sua città d’adozione da una compenetrazione profonda, un senso di appartenenza affettiva più forte di qualsiasi legame anagrafico. Il piombo e l’orologio è il suo primo romanzo, un lavoro godibile, ben congegnato e dotato di un buon ritmo: l’opera ha un suo impatto visivo e la simultaneità di suggestioni differenti – il passato rinascimentale della Fano papalina, coi suoi crocicchi confessionali, il suo presente avvinghiato a ciò che resta dei riti e delle tradizioni, la contemporaneità ribollente della Siria, a cui il libro accenna (la vicenda narrata significativamente si svolge ad una manciata di giorni dall’inizio delle proteste siriane) – lo rende in qualche modo meticcio, come attraversato da un fascino ibrido: dentro ci sono molti mondi che si sovrappongono in una felice simultaneità, la realtà delle cooperative, popolata da un’umanità provata ma vitale, la dimensione domestica di una famiglia un po’ smarrita ma solida nella condivisione di una grammatica morale e di uno sguardo sulle cose, la complessità della società globale, con i suoi conflitti, i suoi guasti culturali e le sue rivendicazioni identitarie spesso feroci.

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L’Horologium venne stampato, a Fano, nel 1514, sotto il papato di Leone X: qui sopra il ritratto che gli fece Raffaello, nel 1518

Manuela è una giovane ricercatrice dell’università di Damasco, si sta occupando di uno studio sulla figura dell’ebreo errante, quando viene contattata dal Patriarca di Antiochia, interessato più alla sua provenienza che al suo curriculum, con una richiesta del tutto particolare: ritrovare una copia autentica dell’Horologium, un libro di preghiere a cui fanno riferimento i melchiti, cattolici d’Oriente di rito bizantino e lingua araba, tassello fondamentale per l’affermazione dell’identità di una confessione relegata da sempre ai margini. Sarà così costretta a tornare nella sua città natia, dopo cinque anni di assenza. Sì perché l’Horologium non è un testo qualunque, ma la prima opera in lingua araba stampata a caratteri mobili ed il primato spettò proprio alla città di Fano in cui Gregorio de’ Gregori, tipografo veneziano, si recò a stampare il volume nel 1514, seguendo, forse, le orme di Gershom Soncino, stampatore ebreo che fu attivo a Fano a inizio Cinquecento. Un capitolo della storia fanese affascinante e sconosciuto ai più che il libro, intrattenendo, rischiara, adempiendo così ad una preziosa istanza divulgativa e restituendo alla città una posizione di insospettata preminenza nella storia dell’editoria.

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L’Horologium, primo libro mai stampato in lingua araba

@CarolinaIacucci

One comment

  1. “Sabazius, alle 6 della sera” presenta il libro qui ottimamente recensito domenica 23 marzo, alle ore 18.00, a Roncosambaccio.

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